18.6.05

PROGRAMMA ALLA MANO CONTRO LA POVERTÀ, VESCOVI E CARDINALI FANNO IL GIRO DEI GOVERNI DEL G8

32880. LONDRA-ADISTA. "Non c'è più un terzo mondo, né un quarto: esiste un solo mondo!". "Non si può più vivere nell'opulenza da un parte e nella miseria dall'altra". Parla chiaro fin dall'inizio la dichiarazione sottoscritta da alcuni vescovi e cardinali di Africa, Asia, America Latina ed Europa ed indirizzata ai capi di governo e ai ministri delle finanze dei Paesi che compongono il G8 (Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Russia, Stati Uniti, Canada e Giappone) e che si incontreranno il prossimo 2 luglio a Gleneagles, in Scozia. Le alte gerarchie non si sono limitate a sottoscrivere il testo ma alcune di loro si sono imbarcate in un giro di conferenze in quattro capitali europee (Londra, Berlino, Bruxelles e Parigi) dal 24 al 31 maggio, per incontrare personalmente governanti ed esponenti delle Chiese locali e sensibilizzarli al basilare problema della lotta contro la povertà con la proposta di un nuovo partenariato tra Nord e Sud del mondo. La missione, organizzata dal Cisde (Cooperazione internazionale per lo sviluppo e la solidarietà, che raggruppa numerose Ong cattoliche dell'Europa e dell'America del Nord), non guarda solo al G8, ma anche all'Assemblea generale dell'Onu che a settembre è chiamata a fare il punto sulla campagna "Obiettivi del millennio per lo sviluppo", per la quale, nel 2000, 189 Paesi membri delle Nazioni Unite si sono impegnati a ridurre della metà le vittime della fame entro il 2015.
Componevano la delegazione il card. Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras), il card. Telesphore Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi, in India e presidente della Conferenza episcopale indiana, mons. John Onaiyekan, arcivescovo d'Abuja (Nigeria) e presidente del Simposio delle conferenze episcopali d'Africa e Madagascar (Sceam), mons. Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba (Etiopia) e mons. Medardo Mazombwe, arcivescovo di Lusaka (Zambia).
La dichiarazione reca le firme anche del cardinale cileno Errazuriz Ossa, arcivescovo di Santiago del Cile, sottoscritta anche a nome del Celam (Consiglio delle conferenze episcopali dell'America Latina); del card. Karl Lehmann, vescovo di Magonza e presidente della Conferenza episcopale tedesca; dell'arcivescovo di Sant'Andrews ed Edimburgo card. Patrick O'Brien; dell'arcivescovo di Westminster, card. Murphy-O'Connor; del vescovo di San Marcos in Guatemala, mons. Alvaro Ramazzini; di mons. Jean-Charles Descubes, arcivescovo di Rouen, mons Aloys Jousten, vescovo di Liegi, mons. Roger Vangheluwe, vescovo di Bruges e mons. Van Luyn, vescovo di Rotterdam e vice-presidente del Comete (Commissione degli episcopati della Comunità europea).
"Testimoni quotidiani dell'impatto devastante della povertà" sulle donne, sui bambini, sulle famiglie, vescovi e cardinali cattolici si sono rivolti a capi di Stato e ministri perché si metta fine a queste "ingiustizie strutturali" che è "condizione essenziale per il nostro avvenire comune". "Siamo qui - hanno ribadito nella loro dichiarazione - per manifestare ai capi di Stato e di governo dei Paesi ricchi che lo sradicamento della povertà in tutto il mondo è più di un imperativo morale: oggi, all'inizio del 21.mo secolo, è un obiettivo realizzabile. Le risorse ci sono. Quello che è serve è un impegno determinato e profetico da parte dei principali responsabili del pianeta".
E avanzano proposte concrete come "il lancio di un nuovo partenariato Nord-Sud per lo sviluppo", "l'accrescimento delle risorse disponibili per lo sviluppo" e naturalmente "l'annullamento del debito". "Il rimborso del debito - ha rimarcato mons. Mazombwe - è un ostacolo allo sviluppo dei Paesi poveri. È per questo che ne abbiamo chiesto l'annullamento totale a tutti i nostri interlocutori". "Per spiegare la situazione di povertà dei Paesi del Sud - osserva mons. Onaiyekan - viene facile accusare il malgoverno e la corruzione di molti dei nostri responsabili politici. Noi ammettiamo certamente la nostra parte di colpa, ma i Paesi ricchi non sono certo innocenti riguardo a questa situazione". I vescovi chiedono inoltre una coerente riforma del commercio, perché, accusano, "è l'attuale iniquo sistema commerciale mondiale", a permettere ai "Paesi ricchi di mantenere le loro sovvenzioni e protezioni doganali, mentre i Paesi poveri sono stati forzati a liberalizzare rapidamente le loro economie. Con conseguenze drammatiche per i sistemi più vulnerabili come le micro-imprese e le piccole aziende agricole, che hanno visto scomparire le loro fonti di reddito". "Se le riforme commerciali non affrontano questioni così primordiali per i Paesi in via di sviluppo come il diritto alla protezione dei marcati agricoli, la sicurezza alimentare, l'emergenza di un dibattito pubblico relativo alle alternative in materia di sviluppo rurale, la fine del dumping e il sostegno ai prezzi delle materie prime agricole, si limiteranno a girare attorno alle cause strutturali dell'impoverimento e faranno arenare il processo di sradicamento della grande povertà".

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