DOC-1696. SÃO FELIX DO ARAGUAIA-ADISTA. "Smettiamola di proclamare che ‘un altro mondo è possibile'; proclamiamo che è fattibile e facciamolo". Conserva tutta la lucidità profetica di una vita spesa accanto ai maltrattati e ai diseredati del Brasile mons. Pedro Casaldáliga, vescovo emerito di São Felix do Araguaia, che, nella consueta lettera circolare di inizio anno, mette in guardia sul fallimento di un mondo fondato prevalentemente sul mercato, dove ogni giorno 25mila persone muoiono di fame; sull'aridità di una Chiesa, quella cattolica a cui appartiene, chiusa nel dogmatismo ufficiale che ignora il proliferare delle numerose comunità e gruppi di riflessione, di teologia e di pastorale che "sanno essere insieme fedeli e liberi". Quei gruppi cattolici che non permetteranno che il Concilio Vaticano II diventi un "futuro senza memoria", e che la prossima Conferenza episcopale latinoamericana, il Celam V, seppellisca lo spirito innovatore di Medellín.
Non è più il tempo delle promesse o dei rinvii, ammonisce il vescovo: "bisogna assumere la realtà, trasformarla radicalmente". E questo è impossibile senza utopia. L'utopia è il lievito, ma "ricordiamoci - sottolinea Casaldáliga - che deve essere verificata nella prassi quotidiana".
Di seguito la lettera circolare in una nostra traduzione dal brasiliano.
"La poesia è necessaria come il pane quotidiano", dice il poeta. Poesia e utopia fanno rima, ed entrambe ci sono indispensabili per attraversare il tunnel. Non accettiamo questa società ufficiale che riduce la vita umana a mercato o, nel migliore dei casi, si propone l'obiettivo, sempre rimandato, di dimezzare la fame…
Siamo indignati e perplessi. Molte voci, da molte parti, confessano che siamo in crisi. Il che, stando così le cose, non va bene né per Dio né per il Mondo.
Comunque, essere in crisi non è necessariamente una disgrazia. La crisi è febbre dello spirito. Dove c'è febbre c'è vita. I morti non hanno febbre.
Non si tratta di ignorare la realtà. Al contrario, è necessario assumerla e trasformarla, radicalmente. Smettiamola di proclamare "un altro mondo è possibile"; proclamiamo che è fattibile e facciamolo. L'Agenda Latinoamericana Mondiale, che stiamo preparando per il 2007, si intitola precisamente "Esigiamo e facciamo un'altra democrazia". "Lì in basso, con il popolo, e a sinistra", spiegano gli zapatisti nell'"altra campagna". E già si è annunciato che stiamo andando "verso il Socialismo del XXI secolo", con l'"Umanità come soggetto del cambiamento".
L'utopia è necessaria perché la disuguaglianza tra ricchi e poveri aumenta, secondo l'Onu, anche nei Paesi del Primo Mondo. La Nostra America, secondo l'Oea, l'Organiz-zazione degli Stati Americani, è la regione più ingiusta per questa disuguaglianza sistematica. Più c'è ricchezza sulla Terra, più c'è ingiustizia. L'Africa è stata chiamata "il buco nero del mondo", una "Shoà" continentale. 2 miliardi e mezzo di persone sopravvivono, sulla Terra, con meno di 2 euro al giorno e ogni giorno 25mila persone muoiono di fame, secondo la Fao. La desertificazione minaccia la vita di 1 miliardo e 200 milioni di persone in un centinaio di Paesi. Ai migranti è negata la fraternità, la terra sotto ai piedi. Gli Stati Uniti costruiscono un muro di 1.500 chilometri contro l'America Latina; e l'Europa, a sud della Spagna, alza un recinto contro l'Africa. Tutto questo, oltre ad essere iniquo, è programmato. Un immigrato africano, in una commovente lettera scritta "dietro i muri di separazione", avverte: "Mi chiedo se pensiate che sia normale che viviamo così, perché, di fatto, è il risultato di una ingiustizia stabilita e sostenuta da sistemi disumani che uccidono e impoveriscono… Non sostenete questo sistema con il vostro silenzio".
Ma l'Umanità "si muove"; e sta virando verso la verità e la giustizia. C'è molta utopia e molto impegno in questo Pianeta disincantato. Qualcuno ha già ricordato che il Secolo XX "è stato un immenso cimitero di imperi: il britannico, il francese, il portoghese, l'olandese, il tedesco, il giapponese e il russo". Resta, in bilico, l'impero statunitense, e anche questo cadrà. L'America Latina si allontana dalla tutela degli Stati Uniti e l'Asia volta le spalle agli Stati Uniti, nel primo vertice organizzato dall'Asean (Associazione dei Paesi del Sud Est Asiatico). L'Unesco ha dichiarato Patrimonio dell'Umanità la diversità culturale. Il secolo XXI - che sappiamo già che sarà un secolo mistico - sarà anche il secolo dell'ambiente. Il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso crescono a vari livelli, come un nuovo paradigma della fede religiosa e della pace mondiale. Le Chiese e le religioni si incontreranno necessariamente e dovranno fare la pace per la pace del mondo. Nella Chiesa cattolica, all'interno della monotona continuità ufficiale che ci si attendeva, molte comunità e molti gruppi di riflessione teologica e di pastorale sanno essere insieme fedeli e liberi. Stiamo imparando ad essere Chiesa adulta, una e plurale. Se rifiutiamo la dittatura del relativismo, rifiutiamo anche la dittatura del dogmatismo. Non permettiamo che il Concilio Vaticano II diventi un "futuro senza memoria"; e sollecitiamo perfino un processo di preparazione verso un nuovo Concilio, veramente ecumenico, che contribuisca, a partire dalla fede cristiana, al fondamentale compito di umanizzare l'umanità. Nella Nostra America si sta preparando la V Conferenza Episcopale, chiamata "Celam V". Il primo testo base, in fase di consultazione, sembra poco stimolante, come fosse scritto da "teologi che già stanno in cielo", ha ironizzato un vecchio teologo. Dovremo supplire in qualche altro modo e non permettere che questo Celam V dimentichi Medellín. Ci sono priorità socio-pastorali, nella Nostra America, che esigono realismo ed utopia, coerenza e impegno, senza possibili indugi.
Qui in casa, nella Prelazia di São Felix do Araguaia, continuiamo a camminare, ora con il vescovo dom Leonardo (mons. Leonardo Ulrich Steiner, ndt). Le sfide non mancano. Continua irrisolto il problema dell'accampa-mento di fronte alla fazenda Bordolandia, già espropriata; la Gleba Libertade, anch'essa di accampati, attende da quasi tre anni, e il villaggio Xavante Marawatsede ha cumulato tredici anni di tensione (la politica agraria e quella indigenista del nostro Brasile si sono impantanate, per "rispetto" al latifondo, all'agro-business e al settore rurale del Congresso). Nell'assemblea pastorale di quest'anno abbiamo riaffermato le tre priorità della nostra Chiesa locale: formazione, autonomia, pastorale socio-politica. Ci stiamo preparando per la grande Romaria dei Martiri del Cammino, a Riberirão Cascalheira, nei giorni 15 e 16 luglio, in occasione del trentesimo anniversario del martirio di padre João Bosco Penido Burnier. Insieme al nostro p. João Bosco faremo memoria anche di tutti coloro che hanno dato la loro vita per il Regno, particolarmente nella Nostra America. Il tema della Romaria è "Vite per il Regno della Vita". Fra le tante memorie, sottolineiamo la figura del patriarca della causa indigena, Sepé Tiarajú, nel 250.mo anniversario della sua eroica morte.
Fare memoria del martirio è vitale per ogni popolo, vitale per la Chiesa di Gesù. Se perdiamo la memoria dei martiri, perdiamo il futuro dei poveri.
Io, nella mia quiete di pensionato, sto sperimentando la "povertà biologica" con i suoi limiti. In compenso, ho potuto dare alla luce alcuni libri, come figli della vecchiaia. Mi permettete uno spot?: "Murali della liberazione", con Cerezo Barredo, ed. Loyola; "Preghiere della Caminhada", ed. Verus; "Quando i giorni danno da pensare", ed. Ppc; "Cartas marcadas", ed. Paulus/Brasile; "Con Gesù, quello di Nazaret", con José Luiz Cortés, ed. Ppc; "Gli occhi dei poveri", con Juan Guerrero, in castigliano e in catalano, ed. Ediciones 62.
Continuiamo a "pubblicare" utopia, impegno, trasparenza, vita. E ricordiamoci che l'utopia deve essere verificata nella prassi quotidiana, che "la speranza si giustifica solo in quelli che camminano" e che "ci è data per servire i disperati". Per questo servizio penso oggi ci sia richiesto soprattutto una testimonianza coerente, una vicinanza samaritana, una presenza profetica.
A tutti, ad ognuna ed ad ognuno cui devo amicizia, gratitudine e lettere, un forte abbraccio nella pace militante del Vangelo.
6.2.06
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