"Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine
habitat veritas" (Agostino di Ippona, "De vera religione")
Di fronte al pericolo dello "sterminismo atomico" che ci sovrasta, concreto ed attuale come non mai, ci spiega il fisico Angelo Baracca; stimolato dal gesto "profetico" (la definizione è di Alex zanotelli) di Turi Vaccaro contro gli F16 di Woensdrecht; sento il dovere di "attaccare" me stesso e tutto il giro antimilitarista, nonviolento, pacifista cui appartengo per la scarsa consapevolezza che dimostriamo e per il troppo poco che facciamo.
Probabilmente, se ci fossimo impegnati di più, forse, per fare un esempio, il Parlamento Europeo avrebbe almeno discusso di disarmo atomico unilaterale e forse la questione sarebbe esaminata al Tavolo programmatico dell'Unione: oggi questo, guarda caso, non succede.
Leggo un appello che sta circolando, promosso da Control Arms, appena giratomi dalla LOC: sono le proposte che dovremmo sottoporre, noi pacifisti, all'Unione che si accinge a vincere le prossime elezioni politiche.
(Voterò comunque contro Berlusconi: tra la ribollita all'arsenico e la risciacquatura di piatti scelgo ovviamente di trangugiare la seconda. Mi verrà il mal di pancia ma almeno sopravviverò...).
Credete che vi sia citata in qualche modo la denuclearizzazione? Si propone per caso di seguire, con una decisione operativa, l'esempio del Parlamento belga a maggioranza di centro-destra? Neanche per sogno!
La "smilitarizzazione" invocata si limita ad "auspicare" la chiusura delle basi ...
Ecco quello che siamo in grado di produrre come movimento pacifista, quando inciuciamo con il ceto politico: ma rimuovendo la struttura profonda del militarismo, l'approdo ultimo della logica della potenza tecnologica, non stiamo forse dormendo?
Mi sto chiedendo: di fronte a questo "buco" colossale di cui - ahimé - mi sono accorto devo fare finta di nulla, non capire ed adeguarmi, sottoscrivere e tacere accontendandomi di quello che passa il convento?
L'esempio radicale di Turi mi suggerisce di no.
Il mio dissenso, sofferto e motivato, risulterà più utile di una rassegnata e non convinta acquiescienza, per amor di quieto vivere pacifista.
Anche perché una alternativa ci sarebbe: potrei convergere sui punti proposti (vedi file allegato) un paio di mesi fa da MIR e Movimento Nonviolento, tenendo conto delle osservazioni integrative di Lisa Clarck (non solo espulsione, distruzione delle testate atomiche!): che fine ha fatto quel documento?
Cercate di capirmi: il punto della denuclearizzazione di fatto omesso è per me più importante di tutti gli altri punti, pur rilevanti, che sono stati indicati nel documento che la LOC ci sottopone per conto di Control Arms. Questi ultimi punti, scollegati dal sistema dello sterminio di massa che si erge come fondamento e coronamento dell'odierno concetto di potenza militare, finiscono addirittura per sembrarmi dei diversivi.
Non devo, egoisticamente, considerarmi così tanto importante da soffocare la voce inquieta della coscienza che si agita dentro di me e che mi si strozza in gola: devi lanciare un grido di allarme ed invitare i tuoi compagni di viaggio, vicini, lontani, antipatici, simpatici, non importa, a tirare il freno di emergenza.
Il treno del determinismo sociale (Latouche parla di "megamacchina") ci sta conducendo al precipizio: fermiamone la folle corsa, finché siamo in tempo.
Qualcun altro, trovando la forza e il coraggio, ha strillato al posto mio per avvisarci del pericolo imminente: è il barbuto folletto siciliano, emigrato in Olanda, armato della sua mazza umbra.
Nel bolso e confuso brontolio delle nostre meccaniche litanie "collettive", esercitantisi su ludi cartacei inciuciati, o in oceaniche, inconcludenti adunanze, la sua voce solitaria si è levata alta, forte e sincera.
Come il bambino della fiaba di Andersen ha esclamato: "-Il Re è nudo!-".
La preparazione della guerra atomica è dietro l'angolo di casa.
Le bombe al plutonio sono lì e le stanno oliando, si stanno esercitando ad usarle.
Le loro folli dottrine di impiego prevedono un "primo colpo" genocida.
Qualsiasi nostro conflitto, qualsiasi "confronto di inciviltà", qualsiasi botta e risposta, che so, tra islamofobi ed integralisti, se urta e coinvolge il Mostro militarista che dorme sotto i nostri piedi, finirà per spalancare le porte dell'Inferno radioattivo. I Gorbaciov non vengono su come i funghi.
Grazie Turi. Questo tuo grido chiaro, limpido e "di rottura" ci voleva, con il senno di poi me ne rendo sempre più conto.
Altri hanno invocato in massa pace e disarmo, tu hai disarmato e basta. Dritto allo scopo. "Trasformare le spade in aratri"!
Nessuno meglio di te sa che non passeresti affatto gli esami di correttezza politica, meno che mai gli esami ufficiali di nonviolenza (quelli che tanto piacciono ai nostri movimenti, che si sentono punti sul vivo).
Chi è più fuori di testa di te, che, irridendo potere, ricchezza e fama, vaghi per città e campagne, mangi solo frutta e dormi sugli alberi?
Tu non ti atteggi a profeta, non ti impanchi a maestro di pensiero, non pretendi di ergerti a leader.
Con l'ingenuità del fanciullo, con la buona volontà dell'uomo semplice, con il coraggio del poeta, ti limiti ad indicarci l'essenza delle cose: dobbiamo "sabotare" il gioco della deterrenza, dobbiamo evitare la fine del mondo; e scusate se è poco!
Sopra la Nave dei Folli coabitano i pazzi piromani con i maniaci pompieri. I piromani si divertono a dare fuoco con torce e candele, quando gli garba, a mobili e suppellettili. I pompieri supplicano loro di smettere - si rischia il naufragio!- mentre inseguono e spengono i focolai di incendio laddove si manifestano. Anche ad essi però manca qualche rotella perché non hanno mai pensato a privare i piromani dei cerini anzi la loro occupazione permanente è quella di fabbricare ceri e fiammiferi per rivenderli proprio agli incendiari.
Il principe degli abbruciatori, tal Nerone, un giorno decide di accumulare polvere da sparo nelle cassapanche della sua cabina. Il natante intero diventa così una santabarbara pronta ad esplodere. Per evitare che il vascello salti in aria i pompieri, che si accorgono del fatto, decidono che è prioritario bagnare le polveri di Nerone prima di andare alla ricerca dei fuocherelli che qui e la i piromani continuano ad appiccare. Meno male che si tratta di squilibrati!
In questo nostro pazzo, pazzo, pazzo mondo i savi pompieri invece si disinteressano delle polveriere atomiche che hanno accumulato i Neroni di turno e, sempre fabbricando torce e zolfanelli al servizio dei piromani, continuano a tentare di spegnere questa o quella vampa estemporanea, sempre dopo che qualcuno ha acceso un nuovo fuoco o soffiato su vecchie ceneri.
Domanda: come finirà questo gioco?
Il Movimento Nonviolento avrà sicuramente fatto più congressi della Lega per il Disarmo Unilaterale, che quattro amici tengono sotto la tenda di ossigeno per rispetto alla memoria di Carlo Cassola, ma quanto ad irrilevanza ed inefficacia, non lo affermo -ahinoi - compiaciuto, siamo lì lì. Ed è interessante osservare come gli epigoni di Aldo Capitini, eccezion fatta per Pietro Pinna, ormai non più dirigente per l'avanzata età, non abbiano ereditato - a quanto sembra - il suo culto per il ruolo fondativo della soggettività individuale nell'azione nonviolenta.
L'azione di Turi è stata "individuale" e questo basterebbe a sminuirla?
Suvvia! Capitini, per quello che, sin dai tempi di Comiso, mi pare di averne capito sforzandomi di studiarlo (come ogni antimilitarista nonviolento che si rispetti), avrebbe sollevato decise e recise obiezioni in proposito...
Mi sono già permesso di citare la posizione di Capitini sul sabotaggio, contenuta ne le "Tecniche della nonviolenza": "Il sabotaggio è una tecnica della nonviolenza solo quando non vi è nessun rischio per l'esistenza di esseri viventi. E' una delle misure di carattere estremo, quando il danno che viene apportato è superato dal danno che il funzionamento di quel servizio apporta."
Perché Capitini non poteva non condividere questa forma di lotta? Semplicissimo. L'aveva vista messa in pratica, efficacemente e giustamente, in una situazione indubbiamente "estrema", soprattutto dagli operai che resistevano all'occupazione nazista lavorando male e distruggendo mezzi di produzione bellica e non bellica. Lo facevano sia in forma organizzata sia con spontanee iniziative individuali.
Il danneggiamento della produzione, uno stillicidio continuo, diffuso e ripetuto, risultò storicamente decisivo nello spostare la bilancia dei rapporti di forza a favore degli Alleati nella Seconda Guerra Mondiale.
Questa è storia da cui magari potrebbe oggi imparare la cosiddetta "Resistenza iraqena", per la quale settori, diciamo così, "pacifisti" ci vengono a chiedere "appoggio incondizionato" (sic!).
Tagliagole e kamikaze, nello strano impasto tra baathisti, post-baathisti (nazionalisti sunniti) ed al-qaedisti, puntano ad uccidere quante più persone possibili, tra occupanti americani, collaborazionisti e sciti nelle moschee, mentre sotto il loro naso si fanno rubare il petrolio che serve a pagare i costi dell'occupazione!
(La produzione di greggio in Iraq, estratta da operai iraqeni, è arrivata da 700.000 a quasi 2 milioni di barili al giorno: manca poco e gli USA arriveranno a pareggiare le spese della guerra...)
Questi imbecilli si fanno un perverso e stupido calcolo: gli americani sono viziati e debosciati, il Vietnam lo dimostra, se un po' di yankees li rimandiamo in patria dentro i sacchi di tela l'America alla fine cederà.
Così, tanto per fare la faccia feroce, arrivano a prendere in ostaggio persino le Simone e le Giuliane, fucilando o decapitando qualche Baldoni di passaggio.
I Vietcong, che non erano certo delle mammolette, sarebbero inorriditi di fronte a tanta assurda, brutale, insensata ferocia.
La guerriglia asiatica puntava a dare di sè l'immagine di un movimento di liberazione nazionale, violento sì, ma bene attento ad ingraziarsi l'opinione pubblica mondiale. Anche per questo alla resa dei conti, con la testa più che con le armi, vinse.
Immaginiamo se allora un gruppo di pacifisti americani si fosse recato in una qualsiasi città vietnamita, al Nord o al Sud, per portare del latte ai bambini: avrebbe forse corso il rischio di venire rapito e minacciato di morte dai "resistenti"?
Immaginiamo la stessa cosa oggi: pensiamo che Cindy Sheenan potrebbe girare tranquilla per le strade di Bagdad? Pensiamo che dovrebbe guardarsi le spalle solo dai provocatori prezzolati dalla Cia? Pensiamo che la belluina stoltezza di questa "resistenza" iraqena sia solo manipolazione mediatica e colpa della ferocia dell'occupazione americana "che non permetterebbe di distinguere gli amici dai nemici"?
L'esercito americano fece fuori un milione di vietnamiti ed usò napalm a tonnellate sui villaggi: altro che Falluja!
Eppure Jane Fonda, oggi pentita, potè girare in battello sul Mekong ed il conducente era un guerrigliero... fate voi!
Io non appoggio incondizionatamente neppure me stesso e la beneamata LDU, figuriamoci cosa rispondo quando mi viene chiesto di dare sostegno, per giunta a scatola chiusa, a bande di delinquenti, di fanatici e di sgozzatori solo perché "combattono l'imperialismo"!
Rispondo: mi dispiace, ma - è un mio difetto - non sono abituato a portare il cervello all'ammasso. Non mi sono lasciato intruppare, obiettore di coscienza, dal democratico esercito italiano, non mi arruolerete di certo nello "schieramento antimperialista" per obbedire, allineato e coperto, ai diktat di qualche incappucciato con il mitra in mano, si addobbi di verde, di rosso o di nero...
Ma torniamo al nostro Capitini, per mettere a fuoco non il sabotaggio, bensì l'azione individuale nel suo legittimo collocarsi tra le opzioni nonviolente. Riassumo brevemente quel che ho capito. La nonviolenza capitiniana, come quella gandhiana, pone l'identità tra etica e politica, l'omogeneità tra mezzi e fini. L'etica proviene da quella kantiana: ciascun individuo deve essere trattato come fine dall'azione nonviolenta, che è "apertura alla esistenza, alla libertà, allo sviluppo di ogni persona".
L'individuo è il fine, non il mezzo: perciò la sua coscienza è l'autorità assoluta, la pietra angolare sulla quale costruire l'edificio del "potere di tutti".
Il Coscienzialismo (ho appena inventato una accezione non tecnicamente filosofica del termine!) non è però individualismo: l'individuo che prende in considerazione è quello che attinge la libertà con la "persuasione", frutto di uno scavo interiore alla ricerca della verità non posticcia delle proprie convinzioni e motivazioni.
L'individuo intimamente persuaso è l'esatto opposto dell'individualista superficiale orientato alla way of life borghese: dalla massima di Santo Aurelio Agostino "In interiore homine habitat Veritas", trae la convinzione che la sua ricerca profonda lo riconduce all'universale umano: mi immergo negli abissi dell'Io non per separarmi dagli altri, ma per scoprire l'anima universale, ciò che più mi accomuna altri, la vera essenza dell'umano che mi rende uguale agli altri uomini, immagine di Dio.
La persuasione intima dell'uomo libero, del'uomo profondo, è alla base di una delle massime espressioni dell'azione nonviolenta: l'obiezione di coscienza dell'individuo che, anche da solo, sa dire di no al male e all'ingiustizia. L'obiettore si separa, nell'apparenza, da una superficiale dinamica sociale, ma in realtà, conformandosi allo spirito di verità e di giustizia, costruisce le solide basi di una nuova socialità che può evolvere verso l'omnicrazia.
Un individuo intimamente persuaso era ed è Pietro Pinna, il primo, solitario, obiettore di coscienza italiano, che nel 1949 si rifiutò di prestare il servizio militare pagando con 2 anni di carcere la sua scelta (mese più, mese meno: sto citando a memoria).
Egli è stato per anni il vero erede di Capitini alla guida del Movimento Nonviolento. Vediamo come spiega su "Azione Nonviolenta" la sua scelta:
"- La devastante esperienza della guerra vissuta negli anni della prima giovinezza aveva fatto un deserto di quel mondo di valore che costituisce il senso e il destino della vita umana, e miserevolmente naufragati in quella prova nefanda i poli istituzionali di riferimento che si vantavano depositari e artefici di quegli ideali. In quel vuoto, pur sempre
continuando a credere nella verità di un mondo di valore, non ebbi che da ancorare la mia tensione spirituale all’intimo, all’autorità della coscienza individuale quale prima e certa fonte di verità, in ciò che pur sempre da essa scaturiva di autentico, di incontrovertibile e di doveroso.
Ne scrivevo: "La prima verità era di darmi senza riserve solo a ciò di cui fossi assolutamente persuaso, quindi personalmente e pienamente responsabile: assunzione di responsabilità su cui poi saper star saldo e poter difendere in ogni evenienza e di fronte a chiunque, appunto perché fornita di intima persuasione".
Nel corso della vicenda penale dell’obiezione di coscienza, l’intima persuasione si trovò al varco di una delle sue prove più stringenti nel confronto con una diversa contrastante professione di fede religiosa. Isolato nel carcere in attesa del processo, venuto lì anche il cappellano militare cattolico a contestare la sua scelta, a mostrargli che Dio medesimo per bocca della sua Chiesa considerava quel servizio militare del tutto lecito, per non dire doveroso, l’ obiettore persuaso è condotto a dialogare direttamente con quel Dio stesso, finendo per dire: "Secondo i tuoi rappresentanti, che mi portano a testimone la tua Chiesa con la sua teologia della guerra giusta, Tu avresti un’idea diversa dalla mia. Per la mia persuasione per quanto modesta essa sia, le ragioni che le vengono contrapposte non sono valide, anzi sono irreligiose. Non resta che lasciare al volgere dei fatti il giudizio su quale delle nostre diverse posizioni sia più meritevole. Io al presente sono a questo punto, e non posso altrimenti".
Il Movimento Nonviolento di oggi snobberebbe forse questo suo sardo ostinato e caparbio, il quale ha creduto e crede che "il primato della scelta di valore spetta alla coscienza persuasa, prima e sopra qualsivoglia autorità tradizionale riconosciuta"?
Anche il siciliano Turi, nel suo piccolo, è un nuovo persuaso, forse meno profondo, forse meno intenso, ma pur sempre animato da direttive di valore universale sinceramente sentite.
Scrive Pietro Pinna, e mi pare che possiamo lasciare a lui la conclusione del nostro discorrere: "Nella sua consapevolezza attuale e vigile della realtà, la persuasione viene a trovarsi in una condizione non statica e ripetitiva, ma sempre nuova, fresca e creativa, quale è la vita autentica, tessuta di relazione e di comunione, nell’unità e nell’amore con tutto e con tutti".
Alfonso Navarra
segreteria LEGA PER IL DISARMO UNILATERALE
8.2.06
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