Il 15 agosto, subito dopo la Santa Messa per la celebrazione della festa dell’Assunzione, un altro sacerdote è stato rapito a Baghdad. La macchina su cui viaggiava Padre Saad Sirop Hanna, sacerdote della chiesa cattolica caldea di Saint Jacob, nel quartiere meridionale di Dora, è stata fermata da uomini armati a volto scoperto che hanno preso il sacerdote non sequestrando né la macchina né l’altro suo occupante. Da quel momento, malgrado le ricerche subito avviate nel quartiere, e malgrado il ritrovamento dell’auto con la quale è stato rapito, non ci sono sue notizie, mentre il suo cellulare continua a risuonare a vuoto.
Il rapimento di Padre Saad Sirop non è solo l’ennesima tragedia che ha colpito l’Iraq e la comunità cristiana, ma rappresenta anche un segnale di estremo pericolo per questa comunità minoritaria ed avviata, in queste condizioni, alla sparizione. Non è passato neanche un mese da quando, il 17 luglio, un altro sacerdote di Baghdad è stato rapito e rilasciato dopo un giorno, successivamente ad una richiesta di riscatto, peraltro non pagato.
Quel sacerdote ora sta bene ed è all’estero per motivi di sicurezza, ma questo ennesimo rapimento fa pensare che i due episodi possano essere in qualche modo collegati, e puntino ad innalzare la tensione in una comunità già terrorizzata, che vede nelle violenze subite dai suoi sacerdoti svanire ogni speranza di sopravvivenza. Rapimenti, uccisioni, incidenti, attacchi alle chiese – la chiesa di Padre Saad, Saint Jacob, fu danneggiata da un’esplosione negli attacchi coordinati del 16 ottobre 2004 – stanno portando i cristiani iracheni verso la sofferta scelta dell’abbandono della loro terra. Una scelta non facile da fare, ma neanche da realizzare. Chi ha potuto è fuggito da Baghdad verso l’estero o verso il nord del paese dove la situazione è per ora più tranquilla, ma sono molti coloro che non possono permettersi di farlo e che giornalmente affrontano pericoli che a noi riesce persino difficile immaginare. Che speranze hanno i cristiani iracheni? Nessuna, come fa notare Fayrouz, una blogger irachena che vive in America e che informa, riprendendo la notizia dal sito www.ankawa.com, che anche chi è riuscito a fuggire non vive una vita tranquilla. Il corrispondente del sito dalla Germania scrive infatti che secondo la decisione di una corte tedesca tutti i cristiani iracheni che hanno richiesto lo status di rifugiati saranno deportati sulla base del fatto che essi possono trasferirsi nel nord dell’Iraq dove i rapporti con la comunità curda sono migliori di quelli con quella musulmana nel resto del paese.
In questa situazione l’unica cosa che ci si può augurare è che il sacerdote rapito possa essere presto rilasciato, ed in questo senso è l’appello di Monsignor Luis Sako, Vescovo caldeo di Kirkuk, che ha accompagnato la richiesta di liberazione con una citazione del Sacro Corano:”… troverai che i più prossimi all’amore per i credenti sono coloro che dicono: in verità siamo Nazareni. Perché tra loro ci sono uomini dediti allo studio e monaci che non hanno alcuna superbia. (Sura Al Ma’ida,versetto 82) Perché questo è Padre Saad Sirop, un sacerdote che ha dedicato la maggior
parte della sua vita allo studio tanto da diventare, a soli 34 anni, responsabile della sezione teologica del Babel College, l’unica facoltà teologica cristiana in Iraq, ma che umilmente rimane vicino a tutti coloro che soffrono.
Luigia Storti
17.8.06
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